21 marzo 2008

Forza elettromotrice di una pila, la serie elettrochimica degli elementi

Cosa rappresenta fisicamente la d.d.p.?
Possiamo definire la differenza di potenziale come il lavoro fatto su una quantità di carica unitaria per farla passare attraverso un conduttore.
La differenza di potenziale determina il movimento delle cariche elettriche dall’anodo al catodo, indica cioè che esiste una differenza in accumulo di cariche elettriche fra gli elettrodi della pila.
La differenza di potenziale viene misurata in volt (V). Il volt infatti è una unità di misura derivata 1V = 1J/C dove il joule (J) è l’unità di misura del lavoro (o dell’energia) ed il coulomb (C) è l’unità di misura della carica elettrica.
La differenza di potenziale misurata con un voltmetro però non rappresenta il valore massimo ottenibile da una pila. Questa dipende infatti dalla resistenza sia del circuito esterno percorso dalla corrente (resistenza esterna) che di quello elettrolitico interno (resistenza interna).
Definiamo a questo punto forza elettromotrice (f.e.m., ΔE) di una pila la differenza di potenziale fra i due elettrodi della pila stessa misurata idealmente a corrente quasi nulla. Essa rappresenta cioè la d.d.p. massima fra due elettrodi.
La f.e.m. è per definizione una grandezza positiva ed è perciò correlata al potenziale dei due elettrodi dalla seguente relazione:
dove con Ecatodo e Eanodo si intendono rispettivamente il potenziale dell’elettrodo che funziona da catodo e il potenziale dell’elettrodo che funziona da anodo. Questo perché risulta Ecatodo>Eanodo dato che il catodo (elettrodo al quale avviene la semireazione di riduzione) si trova ad un potenziale maggiore dell’anodo.
Ricavare i valori assoluti dei potenziali di elettrodo non è possibile. Gli strumenti di misura ci consentono infatti di determinare esclusivamente la differenz
a di potenziale di una pila e questo semplicemente perché una semireazione di riduzione dovrà sempre essere accompagnata da una contemporanea semireazione di ossidazione e viceversa.
Ci chiediamo allora come si ricavano i potenziali di elettrodo.

Se non è possibile conoscere, in modo assoluto, il valore del potenziale di un singolo elettrodo, si
possono però ricavare dei potenziali di elettrodo relativi ovvero determinati misurando la f.e.m. di una pila costituita dall’elettrodo del quale vogliamo determinare il potenziale e da un elettrodo per il quale si pone arbitrariamente il valore del potenziale di elettrodo uguale a zero.
L’elettrodo utilizzato come riferimento e per il quale si pone che il potenziale di elettrodo è uguale a zero è quello ad idrogeno. Esso è costituito da una la
mina di platino, immersa in una soluzione acida 1M di ioni H+ nella quale viene fatto gorgogliare H2 gassoso alla pressione di 1 atmosfera (Figura 1).
Figura 1: elettrodo a idrogeno

Misurando sperimentalmente le f.e.m. delle pile ottenute, in determinate condizioni dette standard, accoppiando l’elettrodo a idrogeno ad un qualsiasi semielemento costituito da una coppia redox, saremo in grado di ricavare per quest’ultimo il potenziale standard E°.

Le condizioni standard sono le seguenti: le soluzioni hanno concentrazione C=1M; i gas hanno una pressione parziale P=1atm; le misure sono fatte a T=25°C.

Per chiarezza vediamo ad esempio il caso della coppia Zn2+/Zn, il suo potenziale standard può essere determinato considerando la seguente cella, in cui tutti i componenti sono nel loro stato standard: (+)Pt/H2(g, P=1atm)/H+(aq, 1M)//Zn2+(aq, 1M)/Zn(s)(-)

Determinando con un voltmetro la f.e.m. e la polarità degli elettrodi di questa pila otteniamo che la f.e.m. standard della pila è ΔE°= 0,76V e che il polo negativo (anodo) è l’elettrodo di zinco. Ricordando pertanto che:
si ottiene: da cui consegue che rappresenta il valore del potenziale standard del semielemento Zn2+/Zn riferito all’elettrodo standard a idrogeno.
Procedendo in questo modo si può determinare il valore ed il segno del potenziale standard di qualsivoglia coppia redox; i valori ottenuti in questo modo, alla temperatura di 25°C, costituiscono “la serie elettrochimica degli elementi” (Tabella 1). È importante notare che tali valori sono tabulati come potenziali standard di riduzione secondo la convenzione IUPAC per cui ogni semireazione elettronica è riportata come riduzione perciò prende anche il nome di “serie dei potenziali standard di riduzione”.


Dalla “serie elettrochimica degli elementi” possiamo ricavare quindi le seguenti informazioni:

1.
Ciascuna semicella è sempre scritta come una reazione di riduzione. Le specie di sinistra della semireazione quindi sono gli ossidanti e le specie di destra sono i riducenti.
2.
Ciascuna semireazione può avvenire come è scritta (riduzione) oppure in senso contrario (ossidazione). A seconda delle condizioni sperimentali, la semireazione può essere il catodo o l’anodo di una cella elettrochimica. Sarà il catodo se procede nel senso della riduzione (ovvero come è scritta) altrimenti se procede nel senso dell’ossidazione sarà l’anodo.
3.
Più positivo è il valore di E°, più facilmente può essere ridotta la specie di sinistra. Se la specie si può facilmente ridurre si tratta di un forte ossidante. Più negativo è il valore di E°, più facilmente può essere ossidata la specie di destra. Se la specie si può facilmente ossidare si tratta di un forte riducente.
Tabella 1: serie elettrochimica degli elementi

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